Lavoratori dell’Ilvaform di Salerno nuovamente in apprensione. La nuova decisione della Procura di Taranto di bloccare la produzione negli impianti sequestrato lo scorso 25 luglio nell’acciaieria pugliese potrebbe mettere a rischio l’attività dello stabilimento salernitano che dà lavoro ad una trentina di persone. (120812)

Erano partiti per le ferie con una relativa tranquillità. Dopo aver manifestato, assieme ai colleghi del Gruppo Riva a Taranto, in occasione delle decisioni del Tribunale del Riesame, infatti, i lavoratori dell’Ilvaform di Salerno, erano stati parzialmente rassicurati dal sostanziale via libera all’azienda a risanare il sito produttivo pugliese, tra i più grandi in Europa per la produzione di acciaio che restava in parte sequestrato, per motivi ambientali, ma che poteva continuare l’attività. Una produzione dalla quale dipendono anche tanti altri stabilimenti del gruppo, tra i quali anche Salerno dove si lavorano le bobine in acciaio, i così detti cois, realizzati a Taranto. Dall’Ilvaform escono trasformati in profilati cavi a sezione tonda quadra, rettangolare e a sezioni speciali, articoli destinati a buona parte del centro sud. Se, quindi, la senmtenza del Riesame era stata accolta positivamente ed interpretata anche come facoltà ad utilizzare gli impienti nel ccorso degli adeguamenti tecnico funzionali antininquinamento, la nuova decisione della Procura di Taranto, invece, rimette tutto in discussione. Nella giornata di ieri, infatti, il Gip della città pugliese ha di fatto bloccato la produzione vietando l’uso delle aree a caldo inquinanti, oggetto del sequestro del 25 luglio scorso. In sostanza mentre la precedente decisione consentiva la prosecuzione dell’attività, in vista di un risanamento ambientale, ora il Gip ha disposito che questo avvenga prima con interventi immediati per ridurre o eliminare l’uinquinamento atomosferico ed ambuientale. Se il blocco dovesse essere confermato, quindi, ne risentirebbero anche altri siti produttivi italiani dela Riva, tra i quali anhe l’Ilvaform di Salerno, legato a filo doppio con Taranto. La materia prima viene dalla città pugliese ed apoprovvigionarsi sul mercato da altri produttori farebbe venire meno la convenzienza economica. Per i circa trenta dipendenti dello stabilimento salernitano, quindi, si profila un ritorno in azienda infuocato e non solo per motivi climatici.