pensione

Le misure legislative in materia pensionistica, che negli anni sono intervenute ad incidere pesantemente sul sistema previdenziale italiano, conoscendo poi l’accelerazione decisiva con la Riforma Fornero, hanno creato uno stato di incertezza diffuso, che non ha aiutato a rilanciare i consumi privati e la domanda interna. I lavoratori in procinto di uscire dal mercato del lavoro e i neo pensionati, vedendo depotenziato o messo a repentaglio il loro potere di acquisto, preferiscono trattenere la liquidità come cassaforte per gli anni a venire. Dai fondi pensione, tuttavia, può emergere la risposta in controtendenza.

I fondi pensione sono forme previdenziali alternative, riconosciuti dall’Ordinamento italiano, attraverso i quali è possibile per il lavoratore garantirsi una pensione complementare, accanto a quella tradizionale prevista a norma di legge. Il lavoratore può versare al fondo il proprio TFR o la propria contribuzione. Essi possono essere erogati da società private o derivare da accordi tra sindacati e imprese. In quest’ultimo caso, avremo i fondi pensione chiusi, la cui caratteristica è quella di essere rivolti a specifiche categorie di lavoratori (es. i metalmeccanici), prevedendo inoltre una quota fissa e costante da destinare al Fondo, tale per cui non è possibile aumentare o diminuire l’onerosità del contributo. Diverso invece il caso dei fondi aperti o negoziali, in cui invece la quota riservata al fondo può variare a discrezione del soggetto che usufruisce del fondo. E’ possibile aderire ai fondi aperti sia in forma individuale che collettiva.

Il vantaggio immediato del fondo pensionistico è quello di assicurare, in teoria, una fonte di reddito alternativa a quella erogata a norma di legge, una volta fuori dal mondo del lavoro. Lo Stato riconosce anche una deduzione, per chi investe in fondi pensione, dall’imponibile Irpef fino ad un massimo di 5.164,57; inoltre, è previsto uno sconto dello 0,30% ogni anno, a partire dal quindicesimo anno di permanenza nel fondo, fino ad un massimo del 6%, sull’aliquota che grava sul TFR, già comunque più bassa rispetto al TFR lasciato in azienda (15% contro il 23%). Gli svantaggi, naturalmente, sono i costi di gestione, che soprattutto per i fondi chiusi non sono irrilevanti, l’impossibilità di usufruire del capitale accantonato nel fondo e i rischi insiti in qualsiasi tipo di investimento finanziario, che non mette al riparo da spiacevoli sorprese.

I fondi pensione sono una realtà consolidata nelle economie più avanzate. Lo scorso anno, come spiega ilSole24Ore, il 90% dell’intero ammontare dei fondi era concentrato in sette paesi, ossia USA, UK, Australia, Paesi Bassi, Giappone, Svizzera e Canada. In Australia, la dimensione del fondo raggiunge il 120% del PIL nazionale, in Olanda il 182%, in Svizzera il 147%. E in Italia? Il nostro paese, nonostante notevoli passi avanti in questa direzione, arranca. Nel 2017, le risorse destinate ai fondi pensione sono cresciute del 3,2% rispetto all’anno precedente, ma sono bel al di sotto di altre realtà, non arrivando nemmeno al 10% del PIL italiano. La zavorra è rappresentata soprattutto dal Mezzogiorno e dai giovani, evidentemente impossibilitati a destinare parte del loro reddito ad un fondo pensione. In tal senso, anche in termini di redditività del fondo, c’è ancora molto da fare.

Di alfonso