Schettino, ieri a Salerno, ha risposto alle domande piccate, incalzanti e scomode di Franco Esposito, Andrea Manzi e Michele Tedesco. La presentazione del libro di Vittoriana Abate sulla vicenda della Costa Concordia è stata l’occasione per ascoltare il protagonista di quella drammatica notte del gennaio 2012, l’ex comandante Francesco Schettino. All’Hotel Mediterranea di Salerno c’era tantissima gente, desiderosa di ascoltare una versione dei fatti e formarsi una propria idea, non mediata dagli organi di informazione. (090715)

Alla fine non solo Schettino ha parlato, ma ha risposto punto su punto alle domande di Franco Esposito, di Andrea Manzi e dell’avvocato Tedesco. E’ stato proprio il direttore di telecolore, inizialmente, non appena è stato chiaro che Schettino non avrebbe risposto ad alcuna domanda, a dire, ad evidenziare con forza che i patti erano diversi, che aveva accettato di moderare l’incontro sulla presentazione del libro di vittoriana Abate ma solo se Schettino avesse dato un contribuito alla verità, avesse cioè risposto a qualche domanda che avrebbero voluto porgli Andrea Manzi e l’avvocato Michele Tedesco. Diversamente l’iniziativa non avrebbe avuto senso e tutti, direttore in testa, erano pronti a farsi da parte. Dopo che Pietro Graus, l’editore del libro, ha confermato pubblicamente la versione di Franco Esposito, lo scenario è cambiato e l’iniziativa è decollata. Platea folta, variegata, ma alla fine soddisfatta perché il comandante schettino ha risposto a tutte le domande che gli sono state poste. E’ stata, insomma, l’occasione per decriptare meglio una vicenda drammatica e processualmente complessa, in cui, come è stato detto durante la serata, molto, tantissimo ha inciso il processo mediatico che si è concluso ben prima del processo di primo grado. E con una sentenza precisa: colpevole. Il racconto, o meglio le risposte di Schettino, hanno insinuato qualche dubbio. Sull’abbandono della nave, ad esempio: i fatti, documentati scrupolosamente da Vittoriana Abate nel suo libro, sarebbero andati diversamente. Ad un certo punto, alle 00,17, schettino non aveva scelta: farsi schiacciare dalla nave che stava sprofondando proprio sul lato dove il comandante si trovava oppure lasciare la concordia per tentare di coordinare gli ultimi soccorsi. Ed quella telefonata del capitano de Falco, poco credibile considerati il riferimento ad una biscaggina che non c’era, che non si trovava lì, che si trovava sul lato affondato della nave. E poi il comportamento degli altri ufficiali, la nave già fuori rotta prima che schettino assumesse il comando. Un intero sistema, insomma, che non ha funzionato. Ma allora perché il tribunale di Grosseto ha condannato schettino in primo grado a 16 anni di reclusione per omicidio plurimo colposo, naufragio (e qui è attribuita la colpa cosciente) ed abbandono della nave? Gli interrogativi sono tanti e qualche dubbio si insinua alla vigilia del deposito delle motivazioni della sentenza. Tutti abbiamo ritenuto schettino un codardo, un incapace. Ma è davvero così? E’ fino in fondo così? L’iniziativa di ieri sera ha offerto a tutti i presenti l’occasione per ascoltare la versione dell’ex comandante, la sua precisa, puntuale ricostruzione, che in alcuni punti ha convinto, in altri decisamente meno. Ma è stato comunque utile ascoltarlo senza il filtro dei media. Un ascolto mirato alla ricerca della verità, l’unica vera ragione dell’iniziativa di ieri. L’unica vera ragione per cui a nessuno può essere negato il diritto di dire la propria.