Finivano a responsabili e collaboratori della Caritas parte dei soldi lucrati sugli aiuti ai migranti: è un’ipotesi sulla quale stanno lavorando i magistrati della Procura di Napoli, titolari dell’inchiesta che ieri ha portato all’arresto di Alfonso De Martino, il presidente dell’associazione onlus accusato di essersi appropriato di oltre un milione di euro, investiti in acquisto di immobili e schede telefoniche, e della compagna, Rosa Carnevale, posta agli arresti domiciliari. Anche due esponenti campani della Caritas, compreso don Vincenzo Federico, sono indagati per peculato.
Il procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e i sostituti Raffaello Falcone e Ida Frongillo affermano che è “verosimile” un coinvolgimento della Caritas di Teggiano Policastro, in provincia di Salerno, che gestisce quattro strutture dove negli ultimi anni sono stati ospitati migliaia di immigrati, provenienti soprattutto dal Nord Africa come quelli accolti nei centri della onlus di De Martino. L’ipotesi investigativa si fonda sul presunto traffico di pocket money (le piccole somme di denaro, 2,5 euro al giorno a ciascun migrante): De Martino si sarebbe impossessato di tali somme acquistando schede telefoniche presso la rivendita di cui è titolare la sua compagna (ben 582.248 pocket money, sottolineano gli inquirenti).
Secca la replica da parte della Caritas di Teggiano. “Massima serenità e piena fiducia nella giustizia auspicando, però, che tutto possa definirsi in tempi rapidi, una rapidità almeno simile alla velocità con la quale, in spregio ad ogni riservo istruttorio, si è dato amplio risalto mediatico ad una ipotesi di accusa”. Lo dichiara l’avvocato Revinaldo Lagreca, legale di don Vincenzo Federico, il responsabile della Caritas Campania indagato nell’ambito dell’inchiesta della procura di Napoli sulla gestione dei soldi.
“L’accusa nei confronti di don Vincenzo Federico – afferma il legale – è, a dir poco, surreale. Si badi, secondo il provvisorio capo di imputazione non è contestata la mancata consegna dei ticket money agli immigrati ma la spendita dei detti ticket money in schede telefoniche. Ora, dopo aver precisato l’ovvio e, cioè, che non siamo titolari di compagnie telefoniche, sarà assai agevole per gli inquirenti verificare che nessuna ricarica telefonica ha interessato la Caritas di Teggiano-Policastro”.
“Auspico – continua l’avv. Lagreca – che tanto si possa fare con massimo puntiglio e velocità a tutela non solo dell’onore e decoro di persone perbene ma, soprattutto, perché la missione che quotidianamente svolgono don Vincenzo Federico ed i suoi collaboratori non può rimanere offuscata neppure da un sospetto”.
“Già in tempi non sospetti – ha aggiunto l’avvocato Lagreca – fu proprio don Vincenzo Federico a segnalare al Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione l’inopportunità di procedere con la consegna dei ticket money perché, cito testualmente: ‘tale situazione favorisce un mercato ‘illegale’ dei pocket money che vengono tramutati in contante trattenendo, da chi lo fa, una illecita provvigione (se mi dai il blocchetto che vale 75 euro ti do 50 euro in contanti)’.
A fronte di tale preciso allarme, che è servito a far mutare il sistema, il procurato vilipendio mediatico è profondamente ingiusto. La Caritas non è meritevole di tanta offesa mediatica. La Caritas – conclude l’avv. Lagreca – con diuturno impegno e dedizione offre il proprio sostegno allo Stato nel fronteggiare l’emergenza immigrazione”. (240515)